Lunga vita ai rifiuti: per farli fruttare servono più impianti e norme condivise

Riduzione, riutilizzo, recupeo, riuso. Dopo anni di usa e getta, i consumi si orientano verso la Circular Economy, un modello che non coinvolge solo le abitudini dei consumatori, ma comporta la necessità di sviluppare sistemi più efficaci di recupero e riparazione dei beni, aumentandone la durata e facilitandone la manutenzione. «L'economia circolare è un modello complesso, fatto di numerosi elementi e modelli di business, mentre molto spesso viene ridotta al concetto di riciclo, che ne è solo una delle componenti» riflette Mauro Santini, ceo del Gruppo Santini, azienda di Bolzano specializzata in gestione rifiuti, consulenza ambientale e formazione. Una prima sfida che riguarderà tutti gli stakeholder è arrivare al 65% di riciclo nel 2035 secondo le direttive Ue. Le aziende dovranno perciò cambiare pelle, integrando le filiere e attuando innovazione tecnologica e gestionale. «Gli operatori e le società dovranno sviluppare prodotti con la lungimiranza che questi, una volta utilizzati, siano pronti a essere recuperati e riutilizzati», continua Santini. «È un'opportunità per rendere l'economia circolare non più un concetto astratto, soprattutto in un paese manifatturiero come l'Italia, storicamente importatore di materie prime, in cui il riutilizzo e il recupero del rifiuto può diventare uno scenario di enorme interesse». Secondo uno studio di Accenture, diventare circolari è un'occasione di crescita globale valutabile in 4,5 trilioni di dollari nel prossimo decennio. «In Italia il concetto di economia circolare non è solo una moda, ma un paradigma in base al quale, una volta tanto, il nostro Paese non è nelle posizioni di coda», aggiunge Santini. «Il nostro Paese ha sviluppato una cultura industriale del recupero in diversi settori quali metallo, vetro, carta e plastica. Possiamo contare su migliaia grandi e piccoli impianti che creano benessere e lavoro minimizzando gli sprechi, ma siamo in costante affanno strutturale rispetto alla carenza impiantistica. Dobbiamo superare l'ostacolo tecnologico per favorire il raggiungimento dei target di riciclo favorendo la diffusione di una rete impiantistica capillare, incentivando l'attuazione della normativa sulla Green Public Procurement, promuovendo l'innovazione di prodotto e di processo, favorendo l'applicazione e l'approvazione dei decreti End of waste e incentivando l'applicazione di una tariffazione puntuale legata alla produzione del rifiuto». Fondamentale è che l'impegno in questo campo non sia più terreno di poche imprese virtuose su base sperimentale, ma diventi elemento strutturale dello sviluppo e del business considerando che le performance delle oltre 500 mila imprese che negli ultimi 5 anni hanno investito in prodotti e tecnologie sostenibili ha evidenziato differenziali di crescita. «Questo processo deve essere accompagnato e reso più semplice da normative atte ad agevolare i soggetti che hanno intenzione di investire in chiave green», conclude Santini. «Dobbiamo fare in modo che mettere in atto scelte sostenibili diventi più facile, più conveniente, e generare una maggiore domanda di servizi legati allo scambio, alla condivisione, al noleggio, modificando l'approccio di tutti noi da possessore a utilizzatore». (riproduzione riservata)

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