Rifiuti, Toscana a un passo dal blocco Servono 45 milioni di investimenti

La Toscana rischia il collasso rifiuti nel 2020. Sarà per questo costretta ad ampliare le discariche, se non vuole portare fuori dai confini regionali gli scarti e a rinunciare alla sua (quasi) autosufficienza. È quanto ritengono gli esperti del settore, che al momento si limitano a riportare questa realtà in convegni a porte chiuse senza lanciare allarmi ufficiali. Quello che i vertici delle principali società di gestione dei rifiuti ritengono è che la Toscana sia arrivata ad un bivio: o costruisce rapidamente le nuove infrastrutture per lo smaltimento dei rifiuti organici - i cosiddetti biodigestori, che integrano il lavoro dei termovalorizzatori - o dovrà aumentare lo spazio delle discariche, contravvenendo quindi ai propositi di sostenibilità che la politica aveva ipotizzato, immaginando un futuro virtuoso con il solo 10% dei rifiuti in discarica, il 70% di raccolta differenziata e il 20% di termovalorizzazione. In Toscana le principali discariche sono cinque: a Terranova Bracciolini (Arezzo), che si saturerà nel 2021; a Rosignano (Livorno), fino al 2020; a Peccioli (Pisa), ancora capiente; a Civitella (Grosseto), fino 2020; a Abbadia San Salvatore (Siena), che ha già chiesto l’ampliamento alla Regione Toscana per 50mila metri cubi. Tutte le società di gestione sono in procinto di chiedere maggiore spazio. Per quanto riguarda gli inceneritori (potenzialmente termovalorizzatori, anche se non in funzione), ce ne sono quattro per tutto il territorio regionale: a Montale (Pistoia), dove si bruciano 30mila tonnellate all’anno; a Livorno, per 50-60mila tonnellate all’anno; a Poggibonsi (Siena), per 70mila tonnellate all’anno; a Arezzo, per 45mila tonnellate all’anno. Di prossima apertura, prevista nel 2019, è il termovalorizzatore di Scarlino (Grosseto), destinato a diventare il più importante della regione, con la sua capacità da 155mila tonnellate all’anno, gestito da una società misto pubblico-privato, con la possibilità di fornire energia e acqua calda ai paesi vicini (per questo può essere definito un vero e proprio termovalorizzatore). Inoltre la Toscana ha cancellato il progetto di Case Passerini (Firenze), mentre la struttura di Montale è considerata obsoleta e non più ristrutturabile, per cui è facile ipotizzare che quello di Scarlino diventerà un centro che ospiterà gran parte dei rifiuti regionali. Eppure per il 2020 non sarà sufficiente. Bisognerà quindi riesaminare il settore della raccolta differenziata, che funziona per l’inorganico, ma a cui al momento manca un segmento fondamentale che integrerebbe il recupero dell’organico. Si tratta dei biodigestori, ovvero le nuove infrastrutture in grado di creare il “compost” in modo anaerobico dai rifiuti organici, dotato di grande valore commerciale perché produce metano con un’alto grado di purezza. I biodigestori dovrebbero quindi accompagnare la raccolta differenziata, e sarebbero persino previsti nel piano dei rifiuti, ma non sono mai stati realizzati. In Toscana ne occorrerebbero almeno 2 al Sud e 2 al Nord, per circa 40-50 milioni di investimento. Realisticamente per costruire un biodigestore occorrono tre anni, tra autorizzazione e realizzazione vera e propria, pertanto la stima degli esperti di settore è che per il 2020 l’unica via percorribile sia quella di aumentare la capienza delle discariche. I piani dei rifiuti sono in mano agli Ambiti territoriali ottimali (Ato), all’interno dei quali siedono i rappresentanti dei Comuni. Agli Ato spetta anche il compito di avviare le gare. Nei piani futuri della Toscana ci sarebbe, in teoria, il 70% di raccolta differenziata, il 10% di raccolta in discarica e il 20% circa di termovalorizzazione. Ma allo stato attuale la differenziata rappresenta il 20%, le discariche il 50 e il resto va negli inceneritori. E nel futuro immediato il peso delle discariche dovrebbe aumentare, anziché diminuire.

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