Materia Rinnovabile, il primo magazine interamente dedicato all’economia circolare

Quando di parla di riciclo di materia s’intende “l'insieme di strategie e metodologie volte a recuperare materiali utili dai rifiuti al fine di riutilizzarli anziché smaltirli direttamente in discarica e negli inceneritori” (da Wikipedia). Il riciclo è dunque un processo che “allunga il ciclo di vita di un rifiuto” e produce materiali che possono essere utilizzati al posto di materie prime vergini, riducendone il consumo. Il riciclo di materia rientra dunque a tutti gli effetti in quella che viene definita economia circolare, ovvero un’economia che tende a ridurre gli scarti e a preservare il consumo di materia prima. Verso l’economia circolare vanno le proposte recentemente adottate dalla Commissione riguardo ai prossimi obiettivi di riciclaggio dei rifiuti negli Stati membri e che prevedono il riciclaggio del 70% dei rifiuti urbani e dell'80% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030 e, a partire dal 2025, il divieto di collocare in discarica i rifiuti riciclabili. L’economia circolare è anche alla base della nuova rivista Materia Rinnovabile, un free magazine bimestrale pubblicato da Edizioni Ambiente in due edizioni distinte, italiana e inglese, sia su carta che online e scaricabile qui. L’economia, non solo quella circolare, si basa su due pilastri: l’energia e la materia. Ma se sul primo pilastro la direzione è ormai chiara ed è ormai un assunto che la marcia verso l’energia rinnovabile può solo essere rallentata, ma non invertita, è arrivato il momento di aggiungere il secondo pilastro: la materia rinnovabile. “È un salto concettuale profondo – scrivono gli autori di materia Rinnovabile - che implica un capovolgimento del punto di vista dominante. Fino a oggi la produzione industriale ha creato un flusso unilaterale di materia, trasformando una parte di natura in miniera e un’altra in discarica, liquidando inquinamento e degrado ambientale come un inevitabile danno collaterale. L’approccio della “materia rinnovabile” considera invece il territorio come la risorsa chiave – un patrimonio che è all’origine di tutte le valorizzazioni possibili e del quale è possibile usare intelligentemente la rendita – e vede i materiali coinvolti nella produzione come fossero un flusso continuo, nel quale le singole merci non sono altro che fasi transitorie attraverso le quali passa la materia”. Un salto concettuale non facile che richiede anche un cambiamento nel linguaggio. “Termini come “materia vergine”, “materia prima”, “materia prima seconda”, “scarti”, “prodotti e sottoprodotti” presuppongono una scala di valori in cui la materia scende progressivamente di livello degradandosi (da materia vergine a materia prima, da materia prima a materia seconda, e così via). Il concetto di materia rinnovabile fa saltare questa vecchia gerarchia andando anche oltre l’idea di riciclo come singola fase di recupero, quasi un’eccezione che conferma la regola del percorso lineare”. “È evidente come l’enorme flusso di materiali che si trasforma in rifiuti non possa essere sprecato e debba essere valorizzato in qualche forma e ci sono già oggi materiali che attraversano la fase “rifiuto” con una perdita minima di valore perché, grazie a trattamenti appropriati, tornano a esprimere le prestazioni che avevano all’inizio del ciclo produttivo. Mentre la maggior parte dei materiali viene recuperata grossolanamente, o inviata in discarica“. La rivista quindi, scrivono gli autori, vuole rappresentare un centro di dibattito su questi temi, per dare voce alla “rivoluzione silenziosa della bioeconomia e dell’economia circolare“ e sottolineano che “solo il primo di questi due settori vale in Europa 2mila miliardi di euro e 22 milioni di posti di lavoro e il mercato cresce al ritmo del 7% annuo“. “Green economy, Circular economy, Sharing Economy, Bioeconomy non sono più soltanto nomi suggestivi che ci rimandano a un futuro lontano, ma comparti vitali e innovativi del sistema economico italiano e internazionale”.

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