La futura tariffazione dei rifiuti resta un rebus

Il futuro sistema di tariffazione dei rifiuti è un rebus. I documenti programmatici elaborati dall'Authority di settore (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente Arera) prospettano numerosi cambiamenti, che dovrebbero entrare in vigore già dal prossimo anno. Ma le incognite sono ancora numerose. Arera ha pubblicato a fine luglio i documenti n. 351 «Orientamenti per la copertura dei costi efficienti di esercizio e di investimento del servizio integrato dei rifiuti per il periodo 2016-2021» e n. 352 «Disposizioni in materia di trasparenza nel servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati». I testi, attualmente sottoposti alla consultazione degli stakeholders, mirano principalmente a riformare i criteri di definizione dei costi per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati e a introdurre nuove regole per la stesura dei piani finanziari, oltre che a definire una nuova e più efficace regolamentazione della trasparenza nel rapporto tra gestori, comuni e contribuenti. L'entrata in vigore del nuovo assetto è fissata al 1° aprile del 2020, data infelice in quanto non coordinata con quella per l'approvazione dei bilanci di previsione comunali. Uno dei punti più delicati al riguardo è quello concernente il metodo di determinazione delle tariffe che i comuni dovranno applicare. Secondo quanto riportato sul sito della Delfino & Partners, le amministrazioni potranno fare riferimento al cosiddetto metodo normalizzato, applicato sin dal 2014 in base a quanto disposto dall'art. 1 commi 651 e 652, della legge 147/2013 e dal dpr 158/1999. Al momento, però, l'Autorità non fa riferimento alle facoltà di cui al comma 652, quindi rimane incerta sia la derogabilità dei coefficienti del metodo normalizzato, sia l'introduzione di metodi alternativi purché basati sul principio «chi inquina paga». Per avere dei punti fermi, occorrerà attendere ancora, probabilmente fino all'approvazione della prossima Manovra. Secondo Delfino, invero, «una lettura contraria, tesa a bloccare i limiti dei coefficienti a quanto riportato nelle tabelle del dpr e a scardinare ogni eventuale sistema alternativo introdotto dai comuni negli anni (come il metodo a parametri variabili), comporterebbe un evidente passo indietro alla disciplina del 2013 (Tares ) che tanti problemi ha generato, tanto da suggerire le due modifiche al legislatore, entrate in vigore nel 2014». Dubbia, infine, anche l'identificazione dei criteri di attribuzione tra utenze domestiche e non domestiche. Tutti i nodi dovrebbero sciogliersi nei prossimi mesi, crisi di governo permettendo, al fine di non far precipitare i comuni nel caos proprio nella gestione di uno dei servizi più delicati.

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